Malga Le Prese e Monsampiano – Monte Vallazza

Ottobre 2015. Siamo nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, estremità Sud-Ovest (QUI la mappa del territorio del Parco), e puntiamo verso la Riserva del Monte Pavione, diretti a malga Le Prese (1442 mslm). Dalla SS 50 (che da Feltre porta verso il Primiero) salgo verso Zorzoi, poi verso la località Col dei Mich, e lascio l’auto vicino al ristorante All’Antica Torre. Ci avevamo già provato in febbraio… ma la neve era veramente troppa, nè io nè Lana (che letteralmente “nuotava” nella neve) siamo andati molto avanti (vedi foto sotto…). Questa volta splende il sole.

Vicino al parcheggio (780 mslm) parte il sentiero 818. All’inizio è una mulattiera che taglia verso destra, poi si trasforma in sentiero sul greto del torrente Olac, (in questa zona le indicazioni non sono chiarissime). Si inizia a salire lungo la valle tagliando dritti le linee delle curve di livello sulla mappa. Bisogna prendere fiato, sostiamo alle casere Coronete e Bucior. Sono private, ma la prima offre un riparo sotto una tettoia, con tavolo e anche una cucina economica, in caso di mal tempo. Beviamo e ci sediamo, anche Tallulah sente il bisogno di un momento di pausa. No, ho sbagliato. Nel senso che non vuole solo un “momento”. Non vuole saperne, infatti, di ripartire quando rimetto lo zaino in spalla e prendo il guinzaglio, non si smuove. Allora mollo il guinzaglio e parto… così dopo una ventina di metri decide da sola di seguirmi e la premio allegramente per la sua decisione. Usciti dal bosco il paesaggio soprastante si fa splendido, prati, balconate rocciose e radi alberi. Manca poco alla malga, che si fa vedere appena più su. La vede anche la lupetta, che come sempre, incuriosita, accelera il passo. Arriviamo alla meta in 1h30”. La malga bivacco Le Prese (1442 mslm) si presenta davvero bene (è stata ristrutturata nel 2004 dall’ente Parco): è piuttosto pulita; ci sono un tavolo, sedie, panche, credenza, stufa, fornello a gas. Al piano sopra quattro letti con coperte. Una cisterna raccoglie l’acqua piovana, il rubinetto è poco prima del cancelletto d’ingresso all’area antistante la casa, un paio di metri sotto a destra rispetto al sentiero. Il paesaggio è aperto, molto bello, verso Sud. Dopo una pausa lascio lo zaino  e scendo fino al bosco poco sotto, per rifornirci di legna. Lana mi segue, non sembra più stanca. Rami e tronchi secchi di faggio non mancano, faccio diversi giri per portarne su abbastanza per assicurare un buon riscaldamento stasera e anche per chi verrà. In verità, in quella che era la stalla, dietro la casa principale, c’è già una buona scorta di legna. Ma la lascio a chi non avrà possibilità di recuperarne nel bosco, per la neve o il maltempo.

Si fa sera, le luci dei paesi sottostanti si accendono, il paesaggio si fa più suggestivo. Io accendo la stufa, Lana si trova un angolino dentro la stanza dove riposare per bene, finalmente.

Al mattino il cielo è limpidissimo, per niente freddo. Dopo colazione ci avviamo, seguendo la traccia più evidente che parte dalla malga. Mi accorgo presto che non sale su nella valle sopra il bivacco come dovrebbe… ma taglia a sinistra, in costa. Cammino una ventina di minuti e mi trovo su un balcone naturale che sovrasta l’altopiano di Sovramonte. C’è una croce, tavoli, posto per grigliate estive… Il luogo è denominato “croce di Naroen“, fu innalzata nel 1933, oggi il luogo viene mantenuto dagli alpini. Sosta brevissima qui, torno indietro e senza attendere di trovare il sentiero inizio a risalire il vallone che sta alle spalle del bivacco. Incrocio il sentiero un po’ più avanti, e lo seguo: sale deciso, senza tregua, su per la valle. Il posto è meraviglioso e alzo spesso lo sguardo ad ammirare i prati, i larici sparsi, le spalle rocciose. I colori non sono più quelli estivi, ma nemmeno quelli dell’autunno inoltrato, l’erba sta ingiallendo, ma i larici sono ancora verdi.  Gli alberi si fanno sempre più radi, fino a sparire del tutto, lasciando il posto a quello che fu un pascolo in quota: poco più su giungo infatti ai ruderi di Malga Vallazza ( 1890 mslm). Poco sopra, proseguendo sui prati, senza più traccia di sentiero, appare la neve caduta qualche giorno fa non ancora disciolta e arrivo ad una terrazza naturale con una vista stupenda verso Nord. Lana finora ha camminato sempre dietro a me, tranquilla. Appena arriviamo al terrazzo, però, noto tracce fresche di camosci e … le nota anche Lana, che si mette a seguirle, naso a terra. I camosci sono una delle cose che la fanno diventar matta… Se li inseguisse libera avrei paura che, presa dalla smania, finisse giù in un dirupo.

Non c’è sentiero per salire alla cima Vallazza (2.167 mslm), punto in alto, seguendo la morfologia e cercando a vista la via più semplice, su per i prati innevati. Arriviamo in cima in 40 minuti. La vista è spettacolare: spazia dal Passo Broccon alla mia sinistra, dietro si staglia la Cima d’Asta, poi la catena del Lagorai, infine le Pale di San Martino fino a chiudersi con il Pavione a destra; sotto, il monte Totoga e il Vederna. Mi prendo del tempo per scattare fotografie e Tallulah, stufa di aspettare, pensa bene di crearsi una piccola cuccia nella neve e fare un riposino. Scendiamo dalla Vallazza ancora a vista, continuando a trovare tracce fresche di camosci, diretti nella conca tra Vallazza e Pavione, dove di trova la malga Monsampiano (1900 mslm). Non c’è nessuno, pastore e animali sono scesi da un pezzo. La malga è molto bella, grande, con stalle molto lunghe, c’è anche una cisterna per l’acqua. L’interno è tenuto bene, anche se come bivacco invernale sarebbe freddo, visto che l’ambiente è piuttosto grande e quindi il calore si disperderebbe; inoltre, c’è solo un caminetto con una cucina economica (piccola e malmessa) incastonata dentro. Sostiamo qui per il pranzo, fuori, al sole.

Decido di scendere ad Aune e di lì tornare a Zorzoi per strade e sentieri comunali. L’alternativa sarebbe tornare ai ruderi della malga Vallazza (sentiero 818), scendere al bivacco Le Prese e poi fino all’auto per il percorso di ieri. Preferisco decisamente i sentieri nuovi e quindi decido per il sentiero 810 e seguo i cartelli. Eccoli. I camosci. Un piccolo gruppetto, cinque, che corrono poco lontano da noi. Lana si inalbera, si alza sulle zampe, la trattengo. Finchè non spariscono per bene dalla vista non se la mette via…

Il primo tratto di sentiero è tranquillo, un terrazzo prativo che declina molto dolcemente. Fino ad un certo punto. Poi, come in certi fiumi nei film, dove improvvisamente compare una cascata, il terrazzo si interrompe e inizia un dirupo, più che una discesa. Fatico ad individuare il punto per scendere, le indicazioni qui mancano. Trovo una sorta di camino, dove in effetti c’è una corda verticale che aiuta a percorrerlo. Lana in salita non ha grossi problemi, ma in effetti, per lei, scendere diversi metri molto ripidi faccia a valle non è semplice… In pratica è un I/II° e non vuol saperne. L’avevo mollata, per poter scendere io per primo e farle strada. Lei però non mi segue, ha paura. La vedo tornare su, agitata, cercare un altro punto per scendere. Sarebbe capace di tornarsene a cercare i camosci, della serie “di là ci sono i camosci, cosa mi fai fare di qua, sei matto?” Lascio lo zaino sotto, torno su a prenderla. Uso pettorina e guinzaglio come un imbrago, nel caso scivolasse o si divincolasse. La accompagno un po’ di forza, al primo gradone dove può sentirsi sicura. La calmo un po’, poi vede che è fattibile, mi segue, e il resto del percorso si comporta (quasi) come un camoscio. Il punto più difficile era il primo, altri passaggi un po’ ripidi, altri esposti, si alternano in questa discesa, che è molto bella, se non per le difficoltà di Tallulah, fino al punto denominato “Passo di Sant’Antonio”. Da lì in poi il sentiero si fa “normale”, scende attraversando un ghiaione, tra rocce e mughi per giungere alla faggeta sottostante, ed arriva fino all’abitato di Aune. Guardo in su e sembra impossibile essere scesi tra quelle grandi spalle rocciose, dei bastioni che formano quasi una fortezza oltre la quale non si intravede il dolce prato di malga Monsampiano. Fa quasi strano ritrovarsi tra le case dopo (solo) due giorni nella natura.

Strada romana Claudia Augusta
Strada romana Claudia Augusta

Per tornare a Zorzoi-Col dei Mich chiedo in paese a due anziani quale strada mi consigliano (ho la mappa, ..ma sentiamo che dicono loro, meglio!). In effetti il consiglio è buono (e meglio di quel che avrei fatto seguendo la mappa) e prendo l’antica strada romana “Claudia Augusta Altinate” che dal Primiero/Vanoi portava al feltrino. Camminiamo tranquilli, nonostante abbiamo quasi 5 ore di strada alle spalle. La strada non ha molto dislivello, qualche sali-scendi, un po’ sterrata un po’ asfaltata, ma è chiusa al traffico, e la “passeggiata” di neanche un’ora è quasi rilassante. L’arrivo alla nostra macchina è comunque …gradito.

Utilità:

Guida “Alla scoperta di malghe e casere Vol I ” di Marco Di Tommaso e Gisella Mammano, n° 48 e 49.

Cartografia: Tabacco n°23 1:25000

 

 

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