Col Mandro – Val Civetta – Casamatta

Ottobre 2014. Siamo in Veneto, nell’agordino, sul versante orientale della cresta montuosa che sovrasta la sinistra orografica del Cordevole, il torrente che scende dal lago di Alleghe, al di là del quale si trova il rifugio Vazzoler e l’alta via delle Dolomiti n° 1. Tallulah si sta già scavando la sua piccola tana provvisoria sul sentiero per un bel riposino durante la prima pausa, anche se è solo da un’ora che camminiamo, diretti al Bivacco Col Mandro… 

Partiti da Avoscan (800 m slm), frazione di Cencenighe Agordino, dove ho lasciato l’auto, abbiamo salito a piedi la stradina asfaltata fino alla frazione di Collaz (1000 m). Sarei potuto arrivare in auto anche qui, ma ho pensato che dopo due giorni sarei stato più stanco per fare questa salita a piedi, visto che farò un anello e scenderò qualche chilometro più avanti, a Masaré, prima di Alleghe, per tornare alla partenza con l’autobus.

Lo zaino si fa sentire subito coi suoi 22 kg abbondanti. A Collaz parte il sentiero 567, che sale nel bosco di faggi, passando per le case Bolp, luogo fermo a un centinaio d’anni fa, dove una fontana mi permette di bere e ricaricare subito la borraccia. Fa piuttosto caldo e ne avrò bisogno. Il sentiero prosegue nel bosco, dopo un’ora facciamo un’altra sosta. Tallulah finora mi è sempre stata intorno, senza grandi slanci, procedendo alla mia velocità, forse il caldo o già un po’ di stanchezza (sente anche le ore di auto) la rallentano. Alla pausa gironzola un attimo intorno a me, poi sceglie un punto alla base di un grande abete di lato al sentiero, con le zampe si dà da fare, sposta foglie e ramoscelli fastidiosi, scava un poco, si accoccola in questa cuccia… e si mette a dormire. “Guarda che siamo solo all’inizio”, le dico. Dorme comunque. Decido di allungare un po’ la pausa, non dispiace nemmeno a me. Proseguiamo poi l’itinerario e giungìamo ad un terrazzo panoramico con tavolo e panche. Avvistiamo – la Lana prima di me – diversi scoiattoli  che corrono tra i rami dei larici. Buffa la lupetta che improvvisa una “danza dello scoiattolo” saltellando intorno alla base degli alberi…

Il sentiero, da qui, sale più deciso, anche con un passaggio su roccia dotato di scaletta e corda metallica. Vado su io, la Lana mi guarda e ci prova, senza riuscirci, ma non la incito, lascio sopra lo zaino e torno a prenderla a braccia. Arriviamo al bivacco Col Mandro (1844 m) quando il sole ha girato da poco, lasciandolo in ombra. Tre ore e mezza circa il tempo impiegato complessivamente. Un breve momento di riposo, poi mi affretto coi preparativi per la sera, prima che venga troppo buio, la legna e l’acqua per cucinare. C’è una cisterna che raccoglie l’acqua piovana, va bene per lavarmi e per sciacquare la gavetta dopo mangiato. Il bivacco è molto bello, una bella baita tra i larici, abbastanza pulito, accogliente. Tallulah non si mette subito a riposo, rimane tesa a percepire ciò che io non sento, odori e rumori dei tanti animali che sono nei dintorni.

La vista è bella, su Alleghe e sul suo lago in basso, in alto le cime delle Dolomiti, la Marmolada in lontananza. Il sole scende lasciando che il buio si faccia spazio, prima nella valle, in basso, poi infine anche sulle vette più alte. Ma nella valle si accendono le luci, si vede il movimento della città, delle auto. Più della vista, trovo più fastidioso il fatto che si senta un rumore non forte, ma che sale e non lascia spazio del tutto al silenzio naturale della notte in montagna.

La mattina seguente ci dirigiamo verso la forcella Col Mandro (2023 m),  ci mettiamo un’ora ad arrivare. La discesa verso la Val Civetta è veloce. Si arriva nei pressi della Sella di Pelsa (1950 m) – proseguendo a destra si raggiungerebbe il Rifugio Vazzoler – noi andiamo a sinistra percorrendo il primo tratto pianeggiante della valle, davvero piacevole. Oltrepassiamo i ruderi del Cason di Col Reàn, quasi inutilizzabili anche solo come riparo d’emergenza, e poi il sentiero riprende a salire. Alla Forcella Col Rèan (2107 m) deviamo a sinistra su sentiero n° 563 verso il rifugio Tissi, dove arriviamo poco dopo le 13. Il rifugio è chiuso, mi sistemo su una terrazza al sole per il pranzo e per riposare. Tallulah si gode una bella dormita al sole. Vado a vedere la camerata del rifugio sempre aperta per emergenza, con una ventina di posti letto; è pulito, ma non c’è modo riscaldarlo, se fosse inverno.

Il sentiero che porta indietro (sempre il 563), verso la forcella Casamatta (2009m), è molto bello: dapprima la vista vertiginosa dagli speroni rocciosi che si protendono sulla sottostante vallata con la città di Alleghe; poi un percorso nel bosco di larici, luminoso e ricco di vegetazione, mughi, felci. La discesa dalla forcella nel ripido canalone è molto faticosa, necessita di attenzione. Rimane ripida fino al terrazzamento erboso che ospita la casera Casamatta (1650 m), dove arriviamo in 1h e 40”.

Dove per me è faticoso, Tallulah va tranquilla, e devo stare attento a non farmi tirare, cerco di fare in modo che stia dietro di me, anche se tenderebbe sempre a stare davanti.

La casera casamatta è una casa privata chiusa, accanto un altra piccola casera separata è adibita a bivacco. Tutto il luogo è molto ben tenuto, l’erba rasata. Il bivacco è pulito, sembra nuovo, i letti dotati di materassi e coperte. E’ composto di due stanze divise da un disimpegno, col bagno (chiuso). In quella a sinistra ci sono un tavolo, la stufa, e quattro posti letti a castello. Nella stanza a destra due letti a castello a tre piani, per sei posti.

Mangiamo la nostra cena al lume delle candele che mi sono portato. La stufa è accesa per riscaldare bene l’ambiente per la notte. La lupetta non si scompone più di tanto, nonostante il cambio di “tana” per la seconda notte, e non fa fatica ad addormentarsi.

La mattina non abbiamo fretta di partire, ci rimettiamo in cammino verso le 10.30, ci aspetta una discesa di 650 metri di dislivello, fino a Masarè. I muscoli risentono della fatica dei giorni precedenti, la discesa nel primo tratto di bosco è molto ripida, non sempre facile, sono state installate anche delle corde fisse per aiutare chi passa. Ci sarebbe modo di aggirare quel tratto, allungando un po’, ma lo scopro dopo, è più facile individuare il bivio salendo. A Mandre c’è poca gente, siamo fuori stagione; facciamo due passi rilassanti senza zaino, nei pressi del lago, in attesa dell’autobus che ci riporterà a Cencenighe.

Cartografia: Tabacco n°15 1:25000

Guida “Alla scoperta di malghe e casere Vol II” di Marco Di Tommaso e Gisella Mammano, n° 57 e 58.

 

 

 

 

 

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