Valle di San Lucano: Casera ai Doff – cresta Palalada

Valle di San Lucano. A Nord-Est delle note Pale di San Martino. Inizio di novembre 2017, dopo un ottobre dalle temperature piuttosto miti, il freddo comincia a farsi sentire, ma ancora il tempo è asciutto e promette bene per domani. Venendo dalla valle di Feltre/Belluno, si supera di poco Agordo, si raggiunge Taibon e si svolta a sinistra, per inoltrarsi nella valle di San Lucano. La percorro tutta e lascio la macchina poco dopo l’abitato di Col di Prà (870 mslm). Partendo da qui, ci sono diverse casere, malghe e bivacchi; numerose davvero anche le possibilità di escursioni con tracciato ad anello, quelle che io e Tallulah preferiamo. Non è molto presto, siamo nel primissimo pomeriggio e le giornate non sono così lunghe, l’ora solare è già tornata; poi il tempo è anche grigio, coperto. L’intenzione di oggi è, intanto, arrivare alla Baita Malgonera  (qui) per la quale sono 720 m di dislivello, un paio d’ore previste. Prendiamo il sentiero 761, che taglia via un bel pezzo di strada sterrata, per arrivare alla località Pont. C’è il torrente, una bella cascata.  Lo attraversiamo, e qui il sentiero 764 comincia a salire ripido. Lana non pare nemmeno accorgersene, e mette il turbo. Sglab, io c’ho lo zaino con roba per due giorni e sudo. Ma le gambe e il fiato tengono. Sosta al bivio e proseguiamo a sinistra sul 762. Il bosco circostante è bello, arioso, abeti misti a faggi. Un paio di maschi di capriolo scappano veloci, per fermarsi poco distanti a guardarci. La baita compare davanti a noi un po’ in anticipo, un’ora e mezza dopo la partenza. Vedo le finestre già aperte, sospettavo ci potesse essere già qualcuno, la baita infatti è molto nota, per essere molto attrezzata e confortevole (ad una trentina di metri dalla baita principale, c’è anche un’altra piccola struttura di legno con altri letti come bivacco). Entro nella baita, saluto. Vedo pile di piatti sporchi, vestiti sparsi e cose varie, sembra “abitata”. Ci sono tre ragazzi, che mi dicono d’essere arrivati il giorno prima, e che ripartiranno il giorno dopo. Mi chiedono se avevamo intenzione di fermarci “così pensavo“, dico, “c’è posto in abbondanza” rispondono, “non per me“, saluto e me ne vado. Questi hanno preso la baita come luogo di villeggiatura gratuito, poi preferisco godere della natura e della sera in montagna senza altre persone.

Proseguiamo. Lana non ha problemi, ovviamente. Altri 40 minuti, 300 metri di dislivello, e raggiungo la Casera ai Doff (m 1870), totale circa 1000 metri di dislivello in 5 km. Isolata sui prati, con le pareti settentrionali del monte Agnèr che si ergono di fronte, la cornice è stupenda. Di gran lunga migliore della Malgonera. Soddisfatto della scelta di proseguire, chissà se quelli fermi alla Malgonera sanno cosa si perdono, o magari l’hanno fatta la passeggiata fino a qui. C’è ancora luce, giro un po’ intorno, a dare un’occhiata, dopo aver lasciato giù lo zaiono. Poco lontano, dove un tempo c’era la stalla, il cui perimetro in pietra è ancora visibile, c’è un’altra baracca, sistemata alla meglio, con stufa, tavolo e panche. Ma un sacco di spifferi. Non certo per serate invernali quindi.

Torniamo alla nostra casera ai Doff, si fa sera, accendo la stufa. L’interno è abbastanza pulito, spazioso, dotato di una piccola cucina economica. Infissi, legname di costruzione e arredi indicano che la casera è stata ristrutturata da non molto tempo. Un po’ di legna già tagliata in ciocchi è accanto alla stufa, altra fuori, (non ci sono attrezzi qui, come accetta o sega), io mi limito a spaccarli a metà (col coltello).  Lascio chiusa la botola che porta al piano superiore, per non disperdere calore. Sopra ci sono delle brande metalliche (5 montate, più altre 3), ma non ci sono materassi. Dopo aver ben esplorato la zona intorno, la lupetta decide che si può riposare, e si addormenta, non lontano dalla stufa, fuori ormai è buio. Dopo cena esco, insieme a Tallulah che rimane ad ascoltare e sperare che qualche capriolo si sbagli e le capiti sotto tiro. Ma tanto è al guinzaglio. Rimaniamo fuori, il freddo è secco e nemmeno troppo pungente. Faccio degli scatti notturni del paesaggio che ho di fronte, ampio, silenzioso. La luce della luna mi permette di distinguere i prati dalle rocce, il cielo dalle montagne. (le foto come di consueto sono tutte nella galleria qui sotto, alla fine del testo)

La mattina seguente ci svegliamo prima che il sole raggiunga la casera. Fuori, alcuni caprioli si allontanano subito quando usciamo. Lasciamo la casera, partiamo e saliamo in breve alla soprastante forcella di Caòz (m1944). Panorama bellissimo sulla sottostante  Valle di Garés, il Cimon della Stia di fronte e, sulla destra, la parete Sud della Marmolada. Dalla forcella scendo, decido infatti di andare a vedere anche la casera Caòz (m 1825) circa 15 minuti giù dalla forcella. Una casera piccola, da fuori sembra solo una baracca, ma dentro è sistemata e abbastanza accogliente per un eventuale bivacco (cucina economica, un paio di letti in legno, un tavolo).  Risaliamo in forcella, e prendiamo a destra per il sentiero 759 che percorre in quota il versante orientale della cresta: dalla cima di Caòz, sotto il monte Palalada, fino alla forcella Cesurette/Campigat. Splende il sole, il cielo è sgombro e il percorso è meraviglioso, facile, che lascia godere del panorama spettacolare sulle pareti della Vezzana e del Focobon, che sovrastano l’abitato di Garés e l’omonima valle. Tallulah è tranquilla, sembra rispecchiare l’atmosfera della mattinata. Riposa quando mi fermo a fare foto, cammina interessata a ciò che la circonda, ma non agitata.

Superata una stretta sella coi lati piuttosto ripidi, e una fenditura della cresta che obbliga a scendere sulla sinistra per poi risalire, arriviamo poco dopo alla forcella Cesurette. Qui sorge la casera Campigàt (m 1800): la malga è composta della stalla vera e propria, e dalla casera, tenuta bene, con fontana esterna, ed è dotata di cucina a gas, stufa economica, tavoli e sedie, c’è anche la luce, grazie ai pannelli solari. Un paio di brande pieghevoli di lato, ma c’è non un vero reparto notte.

Di qui prendiamo a sinistra, per il sentiero 761, una comoda mulattiera che scende nella stretta Val di Reiane, purtroppo tutta in ombra. A metà percorso il sentiero diventa una strada forestale sterrata. Giungiamo a Pont, chiudendo l’anello,  e di qui fino a Col dei Prà, dove riprendiamo la macchina. Dalla casera dei Doff abbiamo percorso circa 13 km oggi, in circa 3 ore, soste escluse.

Cartografia: Tabacco Foglio n°22 1:25.000

Le foto descrittive del tragitto:

 

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